Come rivoluzionare il trasporto pubblico e salvare il Bel Paese

Trenitalia: vaffanculo. Bon, ora che l’ho detto possiamo tornare a ragionare da persone civili.

Da cinque mesi ho un’auto [1] e spendo in media 250 euro di benzina [2] per fare approssimativamente 2500 km al mese. L’auto l’ho comprata perché ero arrivato ad un notevole punto di esasperazione nei confronti di Trenitalia e, sebbene fare acquisti seguendo impulsi emotivi non sia mai una buona idea, né una cosa a cui sono particolarmente avvezzo, alla fine mi ritrovo con un’auto e tutte le cose che questa comporta. Ma oggi non siamo qui per parlare della mia auto, bensì dello stato penoso del trasporto pubblico italiano.

Ora, sono il primo ad ammettere che non so come funzioni nelle altre Regioni, conosco a mala pena la metro di Milano, ancora meno conosco quella di Roma, ho fatto qualche corsa sugli autobus di Bologna, Verona, Vicenza e Padova, un giro in vaporetto a Venezia e morta lì. Si può dire che conosca meglio la situazione all’estero, paradossalmente. Ma non siamo qui neanche per parlare del trasporto pubblico all’estero [3].

C’è un’idea che mi affascina moltissimo quando si parla di trasporto pubblico, ed è il servizio integrato. Questa locuzione altisonante vuol dire che operatori che forniscono servizi diversi [4] permettono di viaggiare con un solo titolo su mezzi diversi all’interno di un certo territorio. Mi risulta che l’ATM di Milano integri metro, autobus, tram, e forse qualche treno estremamente locale—mi correggeranno i milanesi—e credo che lo faccia anche l’ATAC a Roma. Non so se a Bologna ci siano i tram, ma se ci fossero immagino che l’ATC li integrerebbe. A Padova recentemente hanno inaugurato un tram (uno solo, mi risulta) e il biglietto che prima valeva per gli autobus ora vale anche sul tram. A Venezia credo ci sia solo il vaporetto, non penso si paghi per andare a nuoto, ma in ogni caso sfido chiunque ad immergersi in un brevetto Montedison. In compenso alcuni gondolieri si sono organizzati per fare da caronti sul Canal Grande dove i ponti sarebbero comodi: la “corsa” si paga al volo e non c’è verso di far valere il biglietto dell’ACTV. Verona e Vicenza hanno l’autobus e fine della storia.

I collegamenti tra le città, e questo penso valga in tutto il territorio nazionale, sono realizzati da Trenitalia. Se uno deve andare da Venezia a Verona prende un treno alla stazione di Santa Lucia e segna “Occupato” per tutto il giorno nell’agenda. Se uno deve andare da Verona a Milano idem. Se uno deve andare da Torino a Venezia magari ha una chance di poter inserire “Occupato” solo per mezza giornata, ma nelle note deve inserire “Povero in canna”. Oppure estendere l'”Occupato” anche al giorno dopo. In alternativa uno può anche prendere una corriera, che è probabilmente l’unico mezzo che collega i piccoli paeselli delle province agli altri piccoli paeselli delle province in cui però passa il treno.

Vista così sembrerebbe una situazione abbastanza buona: uno prende un autobus dell’AIM alla prima periferia di Vicenza, poi prende il treno di Trenitalia per Lonigo, con somma sorpresa scopre che la stazione si chiama “Lonigo” ma si trova a Locara, e quindi prende una corriera delle FTV fino a Lonigo. Idealmente questo viaggio dura meno di un’ora—sufficientemente meno.

Nella pratica purtroppo questo viaggio non esiste, perché l’autobus dell’AIM passa ogni 12 minuti, in un orario utile ad arrivare al lavoro a Lonigo è stracarico di studenti, poi il treno che va a Lonigo passa circa ogni ora, e per quanto frequente possa essere la corriera che collega Lonigo alla “sua” stazione, questa non passa più spesso che ogni dieci minuti. Senza contare che magari uno lavora a Sarego, pochi km prima di Lonigo, e a quel punto avrebbe fatto prima a prendere una corriera delle FTV e imbarcarsi nel traffico sperando di arrivare in orario, perché diciamocelo: c’è pieno di gente che lavora o vive nella radice cubica della provincia, e nessuno riesce veramente ad arrivarci coi mezzi—senza contare la voglia di farlo che, notoriamente, scarseggia. Lonigo dista da Vicenza circa 25 km in linea d’aria, le due località si trovano nel virtuosissimo Veneto.

Cambiamo per un momento punto di vista. Abbiamo una ingente quantità di persone che per lavorare o studiare deve spostarsi. Molti possono farlo usando i treni locali di Trenitalia, ma per una bizzarra combinazione di eventi, sembra che Trenitalia sia scarsamente interessata a fornire un servizio di qualità proprio alla fascia di utenti che costituisce il suo maggior potenziale di introiti.

Se fosse vero questo, perché Trenitalia non si scrolla di dosso il trasporto regionale, concentrandosi sulle tratte di lunga percorrenza? Così facendo potrebbe far confluire tutte le risorse a perfezionare il servizio sulle varie Frecce e Intercity (ma si chiamano ancora così?), lasciando il mercato delle breve e medie percorrenze in mano a una (o più) società che si occuperebbero quindi di portare la gente da Venezia a Verona e in tutti i paeselli intermedi. La seconda mossa sarebbe un potenziamento del trasporto su gomma per le località non servite dalla rotaia, e infine una razionalizzazione dei trasporti urbani (su gomma e rotaia).

Per come la vedo io, nei centri urbani si potrebbe puntare a frequenze non superiori ai 3-4 minuti, per la gomma extraurbana non superiori ai 15 minuti, per il trasporto regionale su rotaia non superiore ai 30 minuti, con tempi di percorrenza certi [5] e coincidenze ragionevolmente calcolate. In questo modo io potrei partire, che ne so, da Lamon (provincia di Belluno) e arrivare a San Giovanni Lupatoto (provincia di Verona) mettendoci il tempo che serve ed evitando due ore buone di macchina, nonché togliendo una vettura dalle strade.

A questo punto la chiave diventa il servizio integrato: se io potessi coprire qualunque tratta all’interno della mia regione spendendo 200 euri [6] servendomi di qualunque mezzo pubblico, io sarei il primo della fila ogni mese a comprare l’abbonamento. Fate un po’ questi due conti e vedrete che, ragionandoci un po’, la cosa diventa conveniente sia per i clienti che per gli operatori del trasporto pubblico.

Purtroppo tutto questo non accade perché parliamo di operatori, che sono aziende, che devono portare a casa un certo fatturato a fine anno, e mettendo in conto la manutenzione del servizio e l’introito dai titoli di viaggio, io lo capisco che il margine può essere così risibile da spaventare chiunque si debba prendere carico di programmare un investimento di risorse per un arco superiore ai due anni. Perché diciamoci la verità: questo Bengodi non si realizza in due anni, non si realizza in tre anni. Forse in quattro c’è qualche chance, ma per andare sul sicuro diciamo cinque.

Cinque anni sono una legislatura, oltre che un orizzonte abnorme per qualunque azienda terrorizzata di spendere anche un solo centesimo più del minimo indispensabile perché “la crisi, le banche, gli imprevisti, le cavallette e gli alieni”, e quindi è chiaro che ci vorrebbe uno che dicesse “signori, la medicina è questa, e se fate quattro conti ve ne rendete conto anche voi, ma ci servite tutti insieme e tutti d’accordo con spirito di collaborazione e anche volontà di sacrificare quel poco che a voi sembra un’enormità ma che vi permetterà di lavorare insieme e guadagnarci tutti tra cinque anni”.

Cosa? Ah, l’Unione Sovietica funzionava così? Sì, forse avete ragione…

PS: Potenziare il servizio significa creare posti di lavoro, e per verificare che tutti paghino il biglietto basterebbe introdurre i tornelli ovunque sia possibile, no che poi i controllori a bordo dei treni si trovano costretti a rincorrere i teorici del viaggio gratis per le carrozze cercando di farli scendere e perdendo quei due minuti a fermata che poi a Verona sono già diventati 15. E più controllori significa più posti di lavoro. Insomma: come ve lo devo dire?

  1. Il fatto che ancora non l’abbia finita di pagare è un dettaglio irrilevante.[]
  2. Il fatto che non abbia il GPL è un altro dettaglio irrilevante.[]
  3. Un po’ sì, però, dai: vogliamo forse privarci del sottile piacere di criticare casa nostra con infelici paragoni fuori casa?[]
  4. O uno stesso operatore che fornisce servizi diversi…[]
  5. So che siamo in Italia, quindi diciamo che per “certi” si intende una tolleranza del 15% tops.[]
  6. O un po’ di più per scavalcare un confine regionale oltre un certo kilometraggio… ma questi sono dettagli implementativi.[]

5 commenti

Sismassyk dice:

1- I post lunghi sono la morte e tu sei una morte noiosa (per la forma, non per i concetti)

2- Non so nel civilissimo Veneto, Motore dell’Italia e Perla del Nord-Est, ma sia in Lombardia che in Emilia esistono già gli abbonamenti integrati.

Lombardia: http://www.trasporti.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=Redazionale_P&childpagename=DG_Infrastrutture%2FDetail&cid=1213409305404&pagename=DG_INFWrapper

Emilia: http://cm.regione.emilia-romagna.it/mobilita/news-archivio/2011/marzo/201cmi-muovo-mese201d-in-arrivo-un-nuovo-abbonamento-regionale-integrato-mensile

Il problema è che il trasporto ferrato locale fa mediamente defecare…

Sapevo dell’Emilia Romagna, non sapevo della Lombardia, comunque il discorso rimane: finché ciascuno caga nel proprio vasino non si va da nessuna parte.

(e sì, ti voglio bene anch’io :)

Federico dice:

Ciao Andrea,

complimenti per la cura e la passione con cui aggiorni il blog. Mi sembra un contenitore originale e interessante, e mi piacerebbe sottoporlo alla società per cui lavoro. Tu eventualmente saresti interessato a ricevere offerte per l’inserimento di pubblicità all’interno del blog?

(scusa se uso un commento, ma non ho trovato form o similari per scriverti direttamente…)

Federico

FCornia dice:

Bella analisi, il problema è uno solo… si chiama FIAT. In Italia non esiste una sola decisione che non sia legata dalla logica del profitto/scambio di voti/favori/mazzette tra soggetti pubblici/privati. E’ utopia pura pretendere decisioni per il bene comune o pensare che individui che hanno il potere lo utilizzino per fare del bene piuttosto che tradire gli amichetti che li hanno fatti arrivare in quei posti per fare quello che gli viene detto. Semplice vero? Limpido come l’acqua.

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