The Mozart Effect

L’idea che studiare musica fin da piccoli abbia ricadute benefiche in altre materie gira da più di un secolo, anche se le giustificazioni addotte sono cambiate nel tempo. In particolare durante la fine del ventesimo secolo la ragione principale che doveva spingere a studiare musica era che avrebbe migliorato lo sviluppo cognitivo e il pensiero astratto, e quindi avrebbe dovuto aiutare nello studio delle altre materie [1].

A pensarci, il richiamo di questa idea è notevole, specialmente in tempi in cui l’educazione superiore sembra essere sempre più una necessità e c’è una grande pressione sociale sugli studenti perché proseguano gli studi il più possibile. È abbastanza inevitabile quindi che lavori tipo [2] vengano raccolti dalla stampa “popolare” e trasformati in annunci sensazionalistici tipo “ascoltare Mozart rende tuo figlio più intelligente” o addirittura prodotti commerciali [3]. A onor di cronaca è bene notare che i supposti promotori del cosiddetto “Effetto Mozart” sostengono che il loro lavoro è stato enormemente frainteso e che i risultati sono stati manipolati per attirare il grande pubblico.

Purtroppo le credenze popolari, una volta che cominciano a girare, difficilmente si abbattono a colpi di scienza ma, nonostante questo, una fila di studiosi si sono sentiti in obbligo di provare a smontare questo effetto Mozart provando a riprodurre l’esperimento originale [2] e hanno scoperto che:

  • non sembra esserci una correlazione specifica tra la musica di Mozart e un certo miglioramento nel ragionamento spazio-temporale, ma che va bene più o meno ogni tipo di musica [4];
  • musica giudicata “allegra” o “positiva” aiuta, quella “triste” invece sembra non cambiare niente [5];
  • in effetti ogni brano di connotazione allegra sembra funzionare, che sia Mozart o che sia dance [6].

Comunque la domanda resta: la musica ci rende più intelligenti? La risposta è banalmente sì, musicalmente [7], ma ormai abbiamo capito tutti che il punto è se studiare (o anche solo ascoltare) musica ha abbia un impatto benefico in varie aree cognitive, tipo le materie di scuola (una su tutte l’onnipresente matematica che tutti pensano abbia chissà che legame profondo con la musica e invece…). Tuttavia negli ultimi vent’anni c’è stato tutto un fiorire di studi che provavano a venire a capo di questo problema, ma la maggior parte è stata inconcludente, e quei pochi che hanno concluso qualcosa alla fine non è che abbiano trovato un granché. Per esempio ci sono due recenti studi, [8] e [9], che vanno in direzioni quasi completamente opposte:

  • il primo sostiene che iniziare a familiarizzare con la musica da molto piccoli abbia effetti benefici sulle abilità percettive e la coordinazione ritmica, due cose note per influenzare l’apprendimento del linguaggio e quindi il futuro alfabetismo; questo studio sostiene anche che studiare uno strumento affini la motricità fine (il che non mi sembra una grande sorpresa ma vabbè), e che, in accordo con gli studi precedenti, abbia qualche effetto a breve termine sulle abilità spazio-temporali; infine sostiene che i veri effetti positivi non dovrebbero essere ricercati nelle altre materie di studio ma nello sviluppo della persona, il che vuol dire che studiare musica con profitto aiuta a costruire e rinforzare l’autostima, la fiducia in sè stessi e la disciplina, che si sa che sono cose che senza non si va molto lontano in nessun campo (tranne forse quello da arare);
  • il secondo studio sostiene che il cosiddetto Effetto Mozart non sia dimostrabile nei bambini piccoli e che i risultati negli adulti siano quantomeno inaffidabili; tuttavia rileva che studenti attivamente coinvolti in lezioni di musica sembrano avere piccoli benefici sul lungo termine nelle abilità spazio-temporali, anche se questo non implica automaticamente benefici nello studio di altre materie; infine, sebbene tenere musica di sottofondo in classe non produca effetti misurabili, un sottofondo particolarmente rilassante si è dimostrato utile in classi di alunni con esigenze particolari (specialmente iperattivi e autistici) per aumentare la concentrazione e ridurre l’agitazione.

Alla fine della fiera, sembra ci sia un collegamento, per quanto debole, tra l’approccio alla musica nella prima infanzia e alcune abilità di solito associate con alcune materie tipo la matematica (eh…). Addirittura uno studio [10] suggerisce che ci possano essere similarità rilevanti tra gli schemi di attivazione di neuroni sparsi su larghe aree di corteccia relative alla musica e alle abilità spazio-temporali, e quindi cortecce malleabili come quelle dei bambini possono beneficiarne, e che lezioni di musica basate su tastiere producano più benefici di quelle non basate su tastiere — mi spiace bimbi, vi tocca affrontare il pianoforte. Lo stesso studio è interessante anche perché evidenzia una serie di fattori demografici, tipo disponibilità finanziaria e coinvolgimento dei genitori nell’educazione dei figli. Tuttavia uno studio lievemente diverso [11] mostra che non solo la musica può “aumentare il QI” (calcolato secondo test standard tipo K-TEA, WISC-III e BASC) ma che anche le lezioni di teatro aiutano, e non solo, queste ultime migliorano anche i comportamenti e le relazioni sociali, mentre le lezioni di musica loro dicono di no.

Un punto su cui nessuno di questi studi discorda è che studiare musica non impedisce di ottenere buoni risultati nelle altre materie, oltre ad aiutare lo sviluppo personale, aumentare l’autostima, la disciplina, e incoraggiare la creatività, che sono qualità desiderabili in ogni buono studente in ogni campo. Insomma: la musica non ci rende più intelligenti, ma probabilmente ci rende meglio disposti ad imparare.

  1. T. Draper, C. Gayle, “An analysis of historical reasons for teaching music to your children”, in “Music and child development”, Springer-Verlag, 1987[]
  2. F. Rauscher, G. Shaw, K. Ky, “Music and spatial task performance”, Nature, 365 611, 1993[][]
  3. Brevetto e prodotto[]
  4. S. Morrison, “Music students and academic growth”, Music Educators Journal, v.81, n.2, Sep 1994[]
  5. W. F. Thompson, E. G. Schellenberg, G. Husain, “Arousal, mood, and the Mozart effect”, 2001[]
  6. P. McKelvie, J. Low, “Listening to Mozart does not improve children’s spatial ability: final curtains for the Mozart effect”, British Journal of Developmental Psychology, 2002[]
  7. S. M. Demorest, S. J. Morrison, “Does music make you smarter?”, Music Educators Journal, v.87, n.2, Sep 2000[]
  8. S. Hallam, “The power of music: Its impact on the intellectual, social and personal development of children and young people”, International Journal of Music Education, 2010[]
  9. R. Crncec, S. J. Wilson, M. Prior, “The cognitive and academic benefits of music to children: facts and fiction”, An International Journal of Experimental Educational Psychology, 2006[]
  10. T. D. Bilhartz, R. A. Bruhn, J. E. Olson, “The effect of early music training on child cognitive development”, 1999[]
  11. E. G. Schellenberg, “Music lessons enhance IQ”, Psychological Science, v.15, n.8, 2004[]

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