Storie di solitudine e allegria
Per quelli che si aspettavano uno Stefano Benni dai modi leggeri financo amari de “Il bar sotto il mare” forse resta solo un po’ l’amaro, ma dopotutto non credo sia un male.
Ho letto quasi d’un fiato questa sua ultima raccolta di brevi strappi nell’infinito stellato – anche se io credo fermamente che in copertina ci sia una nuvola – e l’ho trovata, se così posso esprimermi, cresciuta, matura. Ora sono obbligato a spiegarmi: conosco e apprezzo l’autore da una decina d’anni, ho letto diversi suoi libri e ho sempre particolarmente apprezzato la sua abilità nel tracciare commenti sociali a rapide pennellate, con una grazia ed una ricerca dell’astrazione che trovo ammirabili ed invidiabili. La maggioranza dei suoi quadretti – e, se pure in maniera maggiore, più enfatica ed articolata, dei romanzi – rappresentano grottescamente, comicamente ed esageratamente la realtà del mondo attraverso, credo, gli occhi del suo gatto. Quello che mi ha spiazzato in questo libro, quello che me l’ha fatto trovare “maturo” è questa palese volontà di non essere comico, di non essere sarcastico, quanto la palese necessità che ha di esserlo.
Il tema fondamentale che sottende un po’ tutto il libro è la solitudine e la tristezza che c’è nella solitudine e credo avrebbe fatto tutto un’altro effetto se sviscerata in un lungo romanzo, ma qui parliamo di racconti di poche pagine, tristi, poetici e bellissimi – toccanti Una rosa rossa e Sospiro, divertente La Strega e dolcemente amaro [1] I due pescatori. Centottanta pagine, in cui stanno bene incastonate sferzanti gemme di attualità, agevoli nella lettura, profonde nelle intenzioni e ad ampie campiture commoventi.
Ho solo una nota. Io non ne so molto di calcio ma Benni è un appassionato tifoso del Bologna. Durante un’incontro a Vicenza, nel 2000, in occasione dell’uscita di “Spiriti”, ci accennò al fatto di aver compiuto un grande sforzo nel venirci a trovare per via di un vecchio sgarbo che i biancorossi avevano fatto alla sua squadra. A pagina 108 si fronteggiano due squadre, quella di parte dai colori ignoti contro avversari caparbi, biancorossi e valligiani.
- perdonatemi, non l’ho fatto di proposito ma stava così bene…[↑]
Xa dice:
Più che maturo, secondo me c’è la vecchiaia che incalza, non ha mai fatto un libro così “monotematico”. E’ come se quello che faceva intravedere negli altri libri adesso fosse palese. Ed è difficile mantenere il tono a lungo, anche se sono racconti brevi.
O forse è solo la mia mania di trovare frasi a effetto, sono rimasta a bocca asciutta stavolta :p
Elik dice:
Infatti sono rimasto a bocca aperta scomprendo che Benni ha 60 anni oO.
Comunque, avevo intenzione di comprarlo, poi ho letto questo post e sono andato spedito a comprarlo.
Il tuo “dolcemente amaro” io lo userei per descrivere tutti i racconti, sono poetici e divertenti (alcuni), ma tristissimi (tutti), e se l’elemento comico è diverso nei vari racconti, la tristezza è sempre la stessa. Ogni protagonista affronta la sua solitudine in maniere diverse, ma il risultato è sempre lo stesso. Insomma, se avevo trovato strano che la copertina di un libro di Stefano Benni fosse così scura, adesso so il perchè, e ci sta benissimo :P
[e non l’ho ancora finito. ne ho divorato una abbondante metà in treno e l’altra mi aspetta stasera]
Morpheu5 dice:
Nella seconda metà cambia un po’ tono, si riavvicina al Benni scanzonato di una volta… senza perdere il mood del libro, comunque.
Alla fine io l’ho letto in una giornata :)