Ognuno per sè e Dio per tutti?
Stamattina, mentre me ne stavo bel bello a liquefare lipidi, ho assistito ad una conversazione in cui era coinvolto uno che lavora nell’edilizia–non so in che ramo né con che qualifica, ma penso sia almeno un ingegnere. Insomma, costui il primo novembre si è trovato un metro di acqua in casa, poi l’acqua è defluita, lui ha pulito, e ora lui e sua moglie si svegliano di notte e si alzano convinti di dover portare fuori le auto.
Tralasciando il trascorso umano, il suo discorso principalmente verteva su come era stata gestita la giornata di ieri che, per chi non lo sapesse, ha fatto dichiarare nuovamente lo stato di allarme, anche se poi è rientrato quasi senza conseguenze. Insomma, questa volta i vigili giravano con la sirena, interi quartieri sono stati evacuati, e i volontari riempivano sacchetti–a parte che c’erano talmente tanti volontari che non c’erano né casacche né badili per tutti, ma vabbè. Questo tizio ha detto che quando, verso le 16, sono arrivati i primi camion a scaricare i sacchetti di sabbia, la gente ci si precipitava come le formiche a prenderli e poi li cacciava sulla soglia di casa un po’ come venivano, alcuni in piedi, alcuni di traverso, alcuni in posti del tutto inutili… dopo un’ora buona che stava alla finestra a guardare le formiche, è sceso in strada e ha cominciato a mandare i camion direttamente nei posti dove sarebbe stato più probabile che l’acqua entrasse. Perché, ragionava, se l’acqua arriva alle porte che si affacciano su un cortile interno collegato alla strada da un portone, è inutile mettere i sacchetti alle porte, sarebbe meglio metterli sul portone, o meglio ancora in posti ancora più strategici, per usarne meno e meglio. Insomma, non la logica del mio giardino.
Poi ha cominciato a notare che molti sacchetti di sabbia erano colmi, il che è sbagliato perché i sacchi pesano di più, la sabbia si gonfia, rompe i sacchi, e via andando. Infine ha notato che i cittadini, non contenti di mettere i sacchetti sulle porte di casa, li mettevano anche dentro, oppure in piedi che se tira un alito di vento cadono e siamo da capo.
Insomma, io ho capito che queste cose non succedono tutti i giorni e che quindi non ci si può aspettare dai cittadini le competenze adatte ad affrontarle, ma con tutti i volontari, uno competente ogni venti che spiegava come lavorare a quelli che poi avrebbero dovuto spiegarlo alla gente, vuoi che non si trovasse? Perché io, in quelle ore, in città me lo sono fatto un giro, e lo smarrimento sui volti di chi portava la giacchetta arancione glielo si leggeva chiaramente.
Sismassyk dice:
Se le emergenze non fossero demandate a volontari improvvisati, forse… se queste cose le spiegassero durante tutto l’anno anziché aspettare il pomeriggio della piena forse… se non foste veneti, forse.
pikkio dice:
Se vuoi ti mando in soccorso il mio concittadino De Corato, a organizzare le operazioni di messa in sicurezza. Pensa che l’anno scorso ho quasi rotto la ruota della macchina dentro a un bucone, alto una decina di centimetri. Opera d’arte fatta col sale.