Canoni pubblicitari

Da qualche tempo si parla del come il canone RAI andrebbe, in linea teorica, applicato ad ogni dispositivo dotato di un display — sia esso TV al plasma da 50 pollici o calcolatore tascabile — e, come un po’ tutte le cose che in Italia toccano il portafogli in un aspetto fondamentale della vita come la televisione, è scattato l’allarme.

Per una volta non voglio rimarcare ulteriormente come… ehi, lo sto facendo. Punto. Che poi nessuno parla della radio, esempio.

Quel che mi premeva era comunicare che l’ADUC ha messo a punto uno stratagemma per cui, attraverso un modulo di interpello al Ministero delle Finanze, si può evitare di pagare il canone per gli apparecchi non televisivi di cui si dispone — financo non pagarlo del tutto se non si dispone di televisori. Ho due obiezioni.

Uno. Ma se io non guardo la RAI? Ok, è un’obiezione sciocca: una volta veniva l’omino e mi smontava la valvola e io ero fottuto, non c’erano altri canali da guardare, e comunque oggi non c’è niente che un omino col camioncino possa smontare per impedirmi di guardare solo la RAI. Due. Sul serio. Me lo chiedo circa da quando sono nato. Ma ha senso pagarlo? Al di là che gli è stata fatta una legge dietro, ha davvero senso pagare per ottenere comunque un complessivo medio del quasi 20% di pubblicità pagata fior di milioni? Non sarebbe meglio lanciare una campagna seria ed efficace per l’abolizione del canone (o della pubblicità, che mi sembra una cosa incredibilmente più sana) e a margine attuare iniziative temporanee per non pagarlo, come in questo caso?

Eppure, in definitiva, tutti sanno che l’ADUC ha un modulo con cui si può non pagare il canone RAI. Ho capito il marketing, ma insomma…

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